INTERVISTA COL BARONE

Mi definisco l’ultimo Ribelle

Giancarlo Capelli, detto il Barone

In occasione di Verona-Milan, partita nota per la “Fatal Verona”, ho avuto la fortuna di poter intervistare il Barone Giancarlo Capelli, da più di 50 anni punto di riferimento della tifoseria rossonera, che, con grande disponibilità, ha raccontato tanto sulla storia della curva del Milan, parlando della rivalità con il Verona e del mondo del calcio oggi.

TI RICORDI LA TUA PRIMA PARTITA IN CURVA?

San Siro negli anni ’60

Bella domanda mi hai fatto. Non me la ricordo, sono sincero, ne ho viste talmente tante. Non sono mai stato uno di quelli che guardano tutto, mettono via tutto, che fa la raccolta dei biglietti vecchi e storici, delle foto. Ne ho a centinaia di foto e alcune le rivedo nei libri e mi ricordo anche tanti personaggi, alcuni che non mi ricordavo neanche più che magari sono anche mancati, ne ho visti tanti purtroppo. Ti dico, ho iniziato negli anni ’60 ad andare allo stadio. Andavo al primo anello, quello che oggi sarebbe il primo anello verde. Quando ero giovane andavo in quelli che chiamavano i distinti, dietro la porta, dove ora è curva nord. Lì andava il primo “club” che era stato creato, che poi sarebbero diventati i Commandos Tigre. Partivo col tram da Porta Venezia, dove sono nato. Il tram partiva da via Nino Bixio, il 38, e per arrivare a San Siro ci metteva un’ora e mezza: era una trasferta già allora. Portavo una bandiera a righe fini, come la penultima maglia del Milan. A me piaceva la bandiera, e come manico avevo un manico di scopa, non come oggi che si usano i tubi di plastica: allora non c’erano problemi e divieti a entrare allo stadio con queste cose qua. Dopo, dato che andare al primo anello costava, anche se era più semplice entrare allo stadio, si riusciva anche a scavalcare, sono salito al secondo anello, alla rampa 18, che ora è al secondo anello arancio, al confine con il secondo anello verde. All’epoca, tutto lo stadio era unito, non c’erano barriere e si poteva girare. 

Lì nel 1968 è nata la Fossa dei Leoni. Io non sono stato tra i fondatori, dato che giocavo anche a pallone. Andavo lì, però, a vedere la partita. E ti dirò di più: li c’era una divisione. I tifosi del Milan erano nella parte alta del secondo anello, sotto di noi c’erano i ragazzi dell’Inter: eravamo attaccati. 

Non eravamo una massa di gente, saremo stati sulle 200 persone, non c’era la grande aggregazione che c’è stata poi. Dopo ci siamo spostati, sempre nel secondo anello arancio, verso al secondo anello blu, dove siamo rimasti qualche anno, nella parte bassa per esporre lo striscione. Sono rimasto in Fossa fino all’anno della stella, quando Gianni Rivera, dal centro del campo, con un microfono, aveva chiesto ai tifosi di stare nella parte superiore del secondo anello, perché si parlava di cedimenti strutturali.

Tanti non lo ascoltavano, io e altri 50 ragazzi abbiamo fatto il giro, per far spostare la gente: tutti han detto che era stato Rivera, ma siamo stati noi a convincere i ragazzi a spostarsi!

Quell’anno poi, sono sceso coi Commandos Tigre, ed ero responsabile. Ci sono rimasto fino al 1996, quando ho preso in mano le Brigate, dopo i fatti di Genova, con la morte di Spagnolo. 

Sono sceso un paio di anni fa, per rattoppare delle questioni interne. Sai essendo quello più vecchio e ascoltato e un po’ il simbolo, ho rattoppato spesso i problemi interni.

COSA VOGLIONO DIRE PIÙ DI 50 ANNI DI CURVA A LIVELLO DI IMPEGNO, SODDISFAZIONI E RINUNCE?

Commandos Tigre, gruppo storico della tifoseria milanista, anni ’80

Guarda ti dico, io in questo momento qua sto soffrendo molto perché manca il mio stadio, la partecipazione alle riunioni, organizzare le cose, anche se ora lo faccio un po’ di meno perché ci sono tanti giovani, ma la riunione una volta alla settimana, due se c’era qualcosa di particolare da organizzare, come il derby. È una cosa bestiale, non essere partecipe e viverlo coi giovani, perché io, alla mia età, a vivere in mezzo ai giovani mi sento giovane come loro. Perché poi parli come loro, ti vesti come loro. Me lo dice anche mia moglie, perché finisce che se non mi metto il giubbotto della curva, ad esempio, mi sento nudo! Sono un malato per queste cose qua.

Ti posso dire che io sono un fortunato, per quanto riguarda il mio Milan. Ho avuto l’opportunità, con gli altri del direttivo dei gruppi principali, di viaggiare con la squadra. Ai tempi eravamo in migliaia a viaggiare, oggi invece a livello economico è diventato un problema: i prezzi sono andati alle stelle. Prendi un tifoso della Juve, prende delle bastonate incredibili: arrivi a 500/600 euro, per una stagione. 

Hanno messo dei paletti pazzeschi, sembra quasi un carcere lo stadio. Non c’è più libertà, non ti puoi più muovere. Non voglio essere un uccello del malaugurio, ma dopo il covid, quando ci sarà il rientro, tante cose cambieranno in peggio. Altri cambiamenti non sono necessariamente negativi: un tempo con quasi ogni tifoseria era uno scontro. Oggi si rischierebbe di andare oltre. È cambiato completamente tutto, nel mondo del calcio.

Io ho vissuto i primi anni dei gruppi organizzati e, ad esempio, con le tecnologie di oggi si possono fare delle cose fantastiche. Ad esempio i ragazzi con le coreografie fanno cose splendide.Tieni conto che io ho 4 figli e devo dire grazie a mia moglie, perché sono uno spirito libero: prendevo e partivo, seguendo la squadra. Mi definisco l’ultimo ribelle: se sono mancato è perché o stavo male o avevo la diffida.

MI HAI ANTICIPATO UN PO’ SULLA QUESTIONE, MA IL MONDO DEL CALCIO È CAMBIATO TANTO, E L’IMPATTO SUL TIFO È STATO PESANTE. COSA PUOI DIRCI A RIGUARDO?

È cambiato tanto, anche andare in giro, in trasferta è diventato difficile. Una volta avevi più disponibilità, i biglietti, come ti ho detto prima, non costavano tanto, riuscivi più a coinvolgere la gente. Poi ci si aiutava: vendevamo il materiale per pagare le trasferte ai ragazzi. Poi negli anni di Berlusconi, è inutile negarlo, la società ci aiutava, soprattutto quando organizzavamo i treni speciali. Quando devi spostare migliaia di persone è dura, 3/400 pagavano il biglietto del treno, gli altri viaggiavano gratis e si pagavano il biglietto dello stadio. E per tanti giovani treno+stadio era un problema, soprattutto per quelli che studiavano e ricevevano i soldi dai genitori. Altre volte organizzavamo i pullman, e costavano meno. 

Curva Sud negli anni ’80, prima del Terzo Anello

Poi oltre ad aiutarci con i treni speciali, la società ci dava anche biglietti omaggio per le partite casalinghe. Così magari noi li davamo ai giovani, in modo che non pagassero in casa ma tenessero i soldi per le trasferte.

Ultimamente queste cose non succedono più, è finito tutto. Prima qualche gadget, qualche maglietta ce la regalava la società. Adesso non puoi nemmeno più avvicinarti a un giocatore: se un tesserato parla con qualcuno, un ultrà, che ha avuto precedenti di stadio, viene richiamato dalla società. Guarda Milanello, anche i tifosi tranquilli, le famiglie, non possono più andare. Se vai a Milanello per vedere un allenamento della squadra, non lo vedi più, non li fanno più allenare sul campo esterno. Fortunatamente lo hanno concesso un paio di settimane fa, prima del Derby: han fatto venire i giocatori sul campo esterno, visto che eravamo in 200 ad incitare la squadra. Giusto 20 minuti, non di più, ma è stato un bel gesto. Però sai quanti bambini vorrebbero andare a Milanello? Ma fai entrare sti bambini, sono i tifosi del calcio di domani, non costa nulla!

HAI PARLATO DEI RAPPORTI CON LA SOCIETÀ CHE RAPPORTO AVEVATE INVECE COI GIOCATORI DEL MILAN?

Io avuto la fortuna di conoscerli tutti. Ad alcuni del passato sono legato ancora. Con altri ho avuto un grande legame. A volte si è incrinato perché quando hai una linea di condotta della tua curva devi prendere una posizione. Quando hai un ruolo nella vita o stai di qua o stai di la. O abbandonavo il mio mondo, però sarei stato un ipocrita, perché io credo nel mio mondo, sono ancora un ultras e vivo da ultras: te l’ho detto prima, sono un malato. Io posso andare a testa alta, perché se sono ancora lì è perché nel mio mondo mi sono comportato secondo le regole: altrimenti mi avrebbero detto Barone, vai in pensione.

A PROPOSITO DI MILAN-VERONA. TI RICORDI QUALCOSA DELLA FATAL VERONA?

Tifosi milanisti in trasferta a Verona, anni ’90

Era il 20 maggio del 1973. Io ero vicepresidente della Fossa all’epoca. È li che nasce il mio soprannome, perché vestivo sempre in giacca, cravatta e doppiopetto, per lavoro. E i ragazzi han cominciato a chiamarmi Barone.

Eravamo gemellati con loro, con le Brigate Gialloblù. Partivamo da piazza Oberdan, con i pullman. Eravamo 5 pullman, 250 solo coi pullman. Tanta gente era venuta in macchina.

Noi speravamo in un pareggio della Juve, per andare allo spareggio. Purtroppo non andò così, noi abbiamo perso 5 a 3, allora abbiamo cominciato a strappare uno striscione dei veronesi, e si è rotto il gemellaggio. Abbiamo provato anche a fare invasione per far sospendere la partita, che almeno si sarebbe rigiocata.

Tornando a casa, avevamo anche trovato i tifosi della Juve che festeggiavano. Non ti dico negli autogrill, quando trovavamo qualcuno con la bandiera della Juve cosa succedeva.

IL MILAN, TRA L’ALTRO, ARRIVAVA DALL’AVER VINTO LA COPPA DELLE COPPE IN SETTIMANA.

Bravo. Noi eravamo stati. A Salonicco siamo andati in aereo e della Fossa eravamo in 6. All’epoca la trasferta costava e i soldi non te li dava nessuno. Mi ha aiutato mio padre sennò col cavolo che andavo. Prima trasferta all’estero, è un’esperienza. Dicevi, chissà poi quando potrò tornare a vedere una finale. E poi non era come adesso, che con 100€ vai in Russia.

DI TUTTE LE RIVALITÀ CHE I TIFOSI DEL MILAN HANNO, QUELLA CON IL VERONA, È TANTO SENTITA? O CE NE SONO DI PIÙ SENTITE?

Non è più come una volta, più o meno con tutte le rivalità. Sì, ci sono sempre però… quando li vedi li odi sempre. Ma si è calmato tanto. Un tempo aspettavi il pullman, arrivavi allo scontro. Noi abbiamo una forte rivalità con la Roma ad esempio, poi c’è stata col Genoa. Con i genoani eravamo gemellati, il gemellaggio, sai è la mia seconda squadra il Genoa. 

Sono quelle cose che non puoi dimenticare. 

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