UN CANNIBALE A SANREMO

“Chi arriva prima di me può vantarsi di avermi battuto perché io non concedo nulla a nessuno”

Eddie Merckx

Sanremo, la città dei fiori. Località turistica che dal 1951 ospita il Festival della canzone italiana, l’apoteosi del nazional-popolare in Italia, che ha contribuito a risollevare il morale del paese nei duri anni del dopoguerra.

Non è il solo evento estremamente nazional popolare a svolgersi a Sanremo. C’è anche l’arrivo della Classicissima di primavera, la Milano-Sanremo

Milano-Sanremo 1966: un ventunenne Eddie Merckx si affaccia alla ribalta del grande ciclismo

Perché sarebbe nazional popolare, una gara di ciclismo? Pensateci: cosa c’è di più nazional popolare di uno sport che ti porta a spasso per un paese, passando nelle strade, sotto i balconi, così che non devi nemmeno uscire di casa per andare a vederlo?

L’unica differenza tra Festival e Milano-Sanremo è che il primo vede in gara solo italiani, con cantanti stranieri in veste di ospiti, molto ben remunerati; alla Milano-Sanremo i campioni stranieri partecipano eccome. E vincono, tanto è vero che il record di vittorie è di uno straniero, un belga, di nome Édouard Louis Joseph Merckx, conosciuto da tutti come Eddy Merckx.

È proprio a Sanremo che Merckx si affaccia al grande ciclismo, con la prima vittoria di prestigio della sua carriera, nel 1966. Ha solo ventuno anni.

IL CANNIBALE

Corre sempre in testa. Questo è il suo marchio di fabbrica: correre in testa, correre all’assalto. Sempre. È questa probabilmente la dote principale che avversari e compagni gli riconoscono: l’essere battagliero, generoso nello sforzo. Viene tacciato di egoismo. Sulle 1800 gare cui ha preso parte, ne ha vinte circa un terzo, una cifra paurosa. Da qui il soprannome di “Cannibale”, che non lascia nulla agli avversari. 

Ma non per capriccio o vanità. A chi gli chiede perché di tanta cattiveria (agonistica, sia chiaro) verso gli avversari, risponde che non si tratta di cattiveria, ma solo di voler onorare fino in fondo ogni corsa. Dando il 100%. Non è certo una colpa questa, anzi. Assieme all’essere fenomenale. Merckx era dotato di un talento straordinario. Poteva rimontare e saltare con facilità uno scalatore in salita, così come poteva rifilare minuti a specialisti delle cronometro. È chiaro che quando un talento del genere da il 100% sono in pochi che possono reggere il confronto. 

Spesso gli avversari si coalizzano per farlo perdere, per esempio i fratelli De Vlaeminck, che si aiutano a vicenda per batterlo, con mosse ai limiti del regolamento per impedirgli di rispondere ai loro attacchi. 

Ma che si può fare quando si ha di fronte un uomo in grado di rendere banale l’expoit? 

La carriera di Eddy Merckx è legata a doppio filo all’Italia. Nel 1966 la prima Sanremo. Nel 1968 è il primo belga a vincere un Giro d’Italia. L’anno dopo, nel 1969 è il primo corridore in maglia rosa a essere trovato positivo al doping, venendo di conseguenza squalificato. La vicenda in realtà è un po’ fumosa e strana.

IL GIALLO DEL GIRO ’69

Merckx in lacrime, intervistato da Sergio Zavoli, nega ogni accusa di doping

Infatti la positività avvenne nella tappa da Parma a Savona, una tappa di scarso rilievo, poco più che un trasferimento. Appena la notizia si diffonde, Sergio Zavoli, voce Rai del Giro, va in camera ad intervistare il Cannibale. Che, in lacrime, nega con decisione ogni addebito. Parecchi si levano in difesa di Merckx. Dalla politica belga, stato in cui il ciclismo è praticamente una religione, a giornalisti nostrani, da Biagi a Montanelli.

La vicenda si tinge di giallo. Alcuni elementi non quadrano infatti. Innanzitutto la sostanza. La fencamfamina è poco più che un placebo. Per fare effetto, oltretutto va assunta unitamente a un certo numero di vitamine, non certo prodotti dopanti. Il suo effetto infine è estremamente limitato nel tempo. Montanelli stesso, dagli studi Rai, pone il quesito: perché mai usare una sostanza simile prima di una tappa che non avrebbe inciso affatto sul risultato finale del Giro, che Merckx sta dominando? In cui è già stato controllato, risultando negativo. Ovviamente le malelingue dicono che in precedenza era già stato trovato positivo, avvisato e coperto dagli organizzatori. Ma di questo non c’è prova alcuna. Eddie nega ancora oggi di aver assunto sostanze dopanti. Anzi, come nel suo stile, contrattacca. Confessa infatti a Beppe Conti1, archivio storico vivente per tutto ciò che riguarda il ciclismo e opinionista Rai, che nei giorni precedenti Savona era stato avvicinato da un corridore, non ne fa il nome, che gli aveva offerto dei soldi per perdere il Giro: risposta ovvia del Cannibale è che quel Giro lui lo voleva vincere, mica perdere. Dopo aver specificato che non si tratta affatto di Gimondi, che era il suo rivale n.1 nelle grandi corse a tappe e che quel giro lo avrebbe poi vinto, Eddy deduce che quei soldi devono essere finiti nelle tasche di qualcuno che ha fatto finire una pillola nella sua borraccia. A complicare il giallo, c’è anche la curiosa decisione della federazione internazionale di ciclismo, che annulla la squalifica di un mese al Cannibale. Quasi che forse quella squalifica sapessero tutti non era meritata. Merckx può così andare sulle strade di Francia e sfogare la sua rabbia sugli avversari al Tour. È veramente un Cannibale Eddie in quell’edizione della Grand Boucle: rifila ben diciotto minuti al secondo nella classifica generale, roba che non si vedeva dai tempi di Coppi e Bartali.

L’UOMO DEI RECORD

La Molteni di Eddie Merckx in parata per l’arrivo del Giro d’Italia 1974

È il primo di cinque Tour de France. Che si aggiungono a cinque Giri d’Italia (senza l’incidente di Savona, probabilmente sei), con doppietta giro-tour nel 1970, 1972 e 1974. Nel 1973 non prende parte al Tour: se lo avesse fatto sarebbero, probabilmente, sei, consecutivi, con annesso record di vittorie della maglia gialla. Si accontenta, nel ’73, di fare l’accoppiata Giro d’Italia e Vuelta di Spagna. E così porta a casa pure la tripla corona, vittoria in tutti e tre i grandi giri.
Ma è il 1974 l’anno da record, di un uomo che di record ne ha infranti parecchi. Inizia con il Giro d’Italia, che prende il via il 16 maggio. Dopo quattromila chilometri, Eddie si presenta il 9 giugno in maglia rosa a Milano. Riposa fino al 13 giugno, in cui si presenta al via al Giro di Svizzera, che termina dopo 11 tappe il 21 giugno (in due giorni doppia fatica per i corridori, tappa in linea e breve cronometro). Altri millecinquecento chilometri circa nelle gambe del Cannibale, che mette in bacheca anche questa corsa a tappe. Riposa sei giorni, dal 21 giugno al 27, per essere al via del Tour de France, che nel ’73 non ha corso, e termina il 21 luglio. Vince anche questa, aggiungendo quasi quattromilacento chilometri a quelli già percorsi. Per chiudere l’estate da record, vincerà anche il suo terzo e ultimo campionato del mondo, a fine agosto, in Canada. 

Riassumendo, tra i mesi di maggio e luglio, Eddie ha corso per 51 giorni, percorrendo più di novemilacinquecento chilometri. Questo solo durante l’estate. Sì perché era comunque da marzo che correva. E pensare che oggi ci sono ciclisti che ritengono “troppi” 51 giorni, in un anno, di corsa. 

Mostruoso, un alieno.

Nel 1976 Eddie vincerà la sua ultima classica. Come a voler chiudere un cerchio iniziato dieci anni prima, l’ultimo palcoscenico importante sarà proprio quello sanremese, con il settimo assolo alla Milano-Sanremo.

In estate tenterà l’attacco al sesto Tour de France, che fallirà. Per quanto ancora giovane, ha solo 31 anni, gli anni di intensa attività e di imprese si fanno sentire. Quel gettare ogni goccia di sudore sull’asfalto, quel correre in testa sempre e comunque, il voler onorare ogni corsa cui partecipava, non importa quanto fosse rinomata, hanno logorato il suo fisico oltre ogni misura. Si ritirerà nel marzo 1978, dopo aver vinto 11 grandi giri e 32 classiche.

L’anno scorso, martoriato dal Covid, si è tornati a vedere un belga alzare le braccia al cielo di Sanremo dopo ben 41 anni2 di astinenza. È stato Wout Van Aert a interrompere il digiuno, che durava dal 1979, vittoria proprio di uno dei grandi rivali di Eddy: Roger De Vlaemink.

Domani si correrà la centododicesima edizione della Classicissima. Sarà la prima esibizione del nuovo “Cannibale”? 



NOTE:

1 Beppe Conti, La grande storia del ciclismo, Dai pionieri di fine ottocento ad oggi fra imprese, retroscena e rivalità, GRAPHOT EDITRICE, p.371

2 Per la verità, l’albo d’oro della Milano-Sanremo, registra una vittoria belga nel 1999, ad opera di Andrei Tchmil. Vero e proprio girovago del ciclismo, ha corso sotto ben 3 federazioni (Unione Sovietica, Moldavia e Ucraina) prima di essere naturalizzato belga nel 1998, appena un anno prima di vincere la Sanremo. Per cui, quella di Wout Van Aert del 2020 è da considerarsi la prima vera vittoria belga dal 1979

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Accetto la Privacy Policy