IL CLASICO DI SPAGNA

L’esperienza mi dice che ogni allenatore che si rispetti deve allenare il Real Madrid almeno una volta nella sua vita. È il club più grande del mondo, un’esperienza bellissima, quasi unica. Quello che succede a Madrid non accade in nessun’altra squadra. I tifosi che ha in qualsiasi parte del mondo sono tantissimi. Ti aspettano ovunque, in hotel, all’aeroporto… È un’esperienza unica che vale la pena vivere. Anche quando ti mandano via.

Carlo Ancelotti

È sempre difficile farlo capire, e non so perché, ma nessuno di noi vorrebbe muoversi da Barcellona: c’è un mix di gratitudine, vita serena e calcio competitivo che ci fa sventolare come tante bandiere. 

Andres Iniesta

Rendere in un solo articolo cosa sia il Clasico di Spagna, Real Madrid contro Barcellona, è estremamente complesso.
Prendendo in prestito le parole di Bobby Robson, inglese, ex allenatore del Barcellona, il Clasico è “la più grande partita di calcio del mondo”. Eppure per anni è stato ridotto al mero scontro tra Messi e Cristiano Ronaldo. Un po’ troppo riduttivo, dato che in queste due squadre hanno giocato quasi tutti i più grandi giocatori del novecento, il secolo del calcio. Insomma Barcellona contro Real Madrid è sempre stato un confronto duro, ben prima che Ronaldo e Messi venissero al mondo. Anzi, quello tra Barcellona e Madrid è un conflitto che va avanti da secoli.

Riproduzione tardo medioevale di Barcellona

La prima delle due ad apparire nell’affresco della Storia è Barcellona. Nonostante la leggenda voglia Barcellona fondata da Amilcare Barca, generale cartaginese padre del grande Annibale, le tracce archeologiche parlano di un insediamento nato attorno al 300 a.C. da genti iberiche. Riorganizzata dai romani, ha visto molti padroni: Visigoti, Mori e Franchi. Ebbe il suo periodo d’oro a partire dal X secolo, grazie al suo porto che ne fece uno dei principali centri del Mediterraneo, segnandone la cultura.

Periodo che fu ancora più florido a partire dal 1137, quando il conte di Barcellona divenne sovrano di Aragona: la città fu gradualmente ristrutturata, sostituendo gli edifici gotici con edifici di nuova costruzione. Sul finire del XV secolo la Catalogna e il regno di Aragona entrarono nel regno di Spagna a seguito dell’unione tra Fernando di Aragona e Isabella di Castiglia. Questo evento, unito alla scoperta dell’America, che privò il porto della centralità avuta nei secoli precedenti, portarono a un declino della città.

Contemporaneamente al declino che Barcellona stava vivendo, Madrid iniziò a prendere il centro del palcoscenico della Storia iberica. Se non è chiaro quando sia stata fondata, anche se è certo che il sito della attuale Madrid è stato abitato fin dalla preistoria, è altrettanto sicuro che ha assunto centralità quando Fernando di Aragona e Isabella di Castiglia vi sono entrati assieme, ponendo termine al conflitto, storico, tra Aragona e Castiglia. Per volontà di Filippo II, figlio di quel Carlo V sul cui regno non tramontava mai il sole, la corte di Spagna venne spostata proprio a Madrid: la posizione centrale nella geografia fisica dello stato ne faceva l’ideale simbolo del centralismo voluto dai sovrani.

Rappresentazione della Rivolta dei Mietitori o Guerra dels Segadors

I catalani hanno sempre rimpianto la perdita della loro autonomia. Più volte nel corso della Storia hanno provato a divincolarsi dalla stretta di Madrid. La prima volta durante la Guerra dei Trent’anni, conflitto religioso che ha sconvolto l’Europa nel corso del XVII secolo. Se già Barcellona aveva sofferto lo spostamento del baricentro economico dal Mediterraneo all’Atlantico, fonte di sentimenti anti-castigliani, la Guerra dei Trent’Anni, che aveva portato molta pressione da parte dell’esercito spagnolo, che aveva alloggiato a lungo in Catalogna (nel quadro del confronto con la Francia), saccheggiandola, aveva portato i catalani all’esasperazione. Così i contadini e i mietitori catalani diedero via, nel giorno del Corpus Domini, a disordini che causarono la morte di numerosi funzionari castigliani, compreso il vicerè. La nobiltà catalana sfruttò la Guerra dels Segadors, la rivolta dei mietitori, per cercare di riprendere l’autonomia dalla Castiglia: nel 1640 il presidente della Generalitat de Catalunya dichiarò l’indipendenza e l’instaurazione della Repubblica di Catalogna. La Repubblica si sarebbe poi alleata con la Francia, venendo occupata. La vicenda ebbe termine con il trattato dei Pirenei e la Catalogna venne reintegrata nel regno di Spagna, con la cessione della sua parte settentrionale alla Francia. Re Filippo IV accettò di prestare giuramento di rispettare le leggi catalane.

La Catalogna ci riprova durante la Guerra di Successione Spagnola, a inizio XVIII secolo, tra il 1701 e il 1714.

Si schiera contro Filippo V, che ha ricevuto l’investitura da Carlo II in punto di morte. Filippo V vince la guerra e, dopo averla assediata, conquista Barcellona, l’11 settembre, che diventerà la festa nazionale dell’indipendenza catalana, la Diada Nacional de Catalunya. È per ricordare l’11 settembre del 1714 che, durante i Clasici, al minuto 17.14, il pubblico innalza il canto “indipendenza, indipendenza”.

Come punizione per la ribelle Catalogna, Filippo V decise di abolire le istituzioni politiche catalane, vietando l’insegnamento del catalano nelle scuole.

Il catalanismo rinascerà tra il XIX e XX secolo. Un primo parlamento catalano fu creato nel 1914 ma ebbe vita relativamente breve, dato che nel 1925 Miguel Primo de Rivera, dittatore spagnolo, lo cancellò. Alla caduta di Primo de Rivera e l’instaurazione della Seconda Repubblica spagnola, la Catalogna ebbe una larga autonomia, che ebbe termine con la vittoria delle forze nazionaliste di Francisco Franco nella Guerra Civile Spagnola (1936-1939). Il confronto tra Catalogna e stato centrale spagnolo si inasprì. La Catalogna si era schierata contro le forze nazionaliste di Franco, diventando un baluardo di resistenza al franchismo, venendo identificata come una regione di sinistra, libertaria e indipendentista. Questo portò a una dura repressione da parte delle forze nazionaliste verso la Catalogna: la Senyera, la bandiera catalana, venne vietata fino alla morte di Franco, nel 1975.

Il dualismo tra Barcellona e potere centrale spagnolo si era anche trasferito sul campo di calcio. Visto anche il monopolio che Barcellona e Real Madrid hanno sempre esercitato sul calcio spagnolo (60 titoli su 89 edizioni), lo scontro culturale ha finiti per essere trasferito sul campo di calcio. Il Real è diventato la squadra del potere centrale, difesa e tutelata dai “poteri forti”. Almeno secondo i catalani, che ammettono oramai un certo senso di persecuzione. 

Di Stefano posa con le prime 5 Coppe dei Campioni del Real Madrid. Le prime 5 edizioni furono dominate dai Blancos che le vinsero tutte

Non del tutto campato in aria. Prendiamo ad esempio il trasferimento in blanco di Alfredo di Stefano, la “Saeta Rubia”, la saetta bionda. Di Stefano era finito a giocare in un campionato professionistico, uno dei primi al mondo, in Colombia, non riconosciuto dalla FIFA. Con la sua squadra colombiana era stato a Madrid per un’amichevole, in cui aveva attirato le attenzioni del presidentissimo madrileno Bernabeu. Che fece immediatamente muovere i suoi uomini mercato, trovando l’accordo con di Stefano. Questione chiusa sembrerebbe. Invece no, perché parallelamente al Real si era mosso il Barcellona. Che aveva invece trattato con il River Plate, ultima squadra sotto egida FIFA con cui di Stefano era stato sotto contratto. A questo punto, entrambe le squadre rivendicavano il fortissimo argentino, a pieno diritto. Dopo infruttuosi tentativi da parte della FIFA di trovare una mediazione, e il tentativo di varie squadre (tra cui la Juve) di inserirsi nella questione, sarebbe stato lo stato spagnolo a trovare una soluzione. Si provò a sciogliere il nodo gordiano suggerendo una comproprietà, tale per cui Di Stefano avrebbe giocato per due anni con il Real e due con il Barça. Al termine dei 4 anni (che erano stati proposti da entrambi i club), l’argentino sarebbe stato libero di accasarsi a sua scelta. Il Barcellona, che si sentiva in una botte di ferro secondo le regole FIFA, rifiutò sdengosamente. Di Stefano si accasò al Real, per la gioia anche del regime: la Saeta Rubia sarebbe stata un simbolo dei blancos, forgiandone lo spirito e il modo di giocare, conducendo la squadra di cui si dice che Franco fosse tifoso a vincere le prime 5 Coppe dei Campioni. Da quel momento i catalani avrebbero iniziato a ritenere il Real Madrid pluricampione solo grazie a Francisco Franco. Il quale, da parte sua, era più che soddisfatto di vedere la squadra di cui (si dice) fosse tifoso, quella della capitale (per giunta) dominare in Spagna e in Europa. Così, dato che non era minimamente pensabile una contestazione nei confronti del Caudillo, i tifosi catalani dovettero accontentarsi di inveire contro Franco per interposta persona: definivano giocatori e tifosi dei blancos assassini

Una simile questione si sarebbe potuta riproporre con Johann Cruyff: l’Ajax lo aveva già venduto al Real, ma lui stesso scelse di firmare con il Barcellona, nonostante fosse stato in gioventù ammirato dal modo di stare in campo e dalle giocate di Alfredo di Stefano, modellandovi parte del suo stesso modo di giocare. Inoltre il regime (e la vita) di Francisco Franco erano ormai agli sgoccioli, quindi non era più in grado di incidere e impedire che un così grande campione finisse per diventare simbolo della Catalunya. Inoltre Cruyff era troppo contro il potere per diventare un giocatore del Real Madrid: non voleva affatto essere sfruttato come uomo-simbolo, dal punto di vista sportivo, del regime franchista

Figo, in occasione di un calcio d’angolo nel Clasico del 23 novembre 2002, viene bersagliato di oggetti dai tifosi del Barça, tra cui si nota una testa di maiale

Altro episodio ormai famigerato si svolge nel Clasico del 23 novembre 2002. Protagonista Luis Figo. Arrivato al Barcellona nel 1995 e diventato uno degli idoli del Camp Nou, si era trasferito al Real Madrid nel 2000, anno che lo avrebbe portato al Pallone d’Oro. Il trasferimento agli odiati rivali lo aveva reso uno dei giocatori più odiati dai tifosi catalani, che decisero nella partita d’andata del campionato 2002/2003, giocata al Camp Nou, di bersagliare il talento portoghese con una serie di oggetti, tra cui una testa di maiale, ad esprimere il loro pensiero sul giocatore dei Galacticos, i blancos dei primi anni 2000, in quella stagione Campioni d’Europa in carica e lanciati verso il titolo di Campioni del Mondo.

Bastano questi aneddoti a spiegare a chi non lo conoscesse il significato profondo del Clasico di Spagna. I grandi giocatori che hanno animato questo confronto passano, cambiano, di generazione in generazione, si evolvono. Non sarà il passare del tempo, il succedersi delle generazioni di campioni e di governi spagnoli a cambiare il valore simbolico che lo scontro tra queste due squadre ha per i tifosi: ormai Real Madrid contro Barcellona è una tradizione che si rinnova di anno in anno, le cui fondamenta rimangono, solide e immutabili, scritte da secoli di storia e di rivalità tra la Catalogna e la capitale di Spagna.

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